Cookie Consent by Free Privacy Policy website Turismo Alviano | Arte e cultura | Monumenti e Chiese
Arte e cultura
Monumenti e Chiese
Cappella delle rondini
immagine Cappella delle rondini
Clicca per ingrandire
La ”Cappella delle rondini” è stata edificata nel punto più panoramico del territorio del comune di Alviano, con belvedere sulla piana della Teverina e sull’oasi naturalistica Alviano- Guardea in ricordo di un avvenimento miracoloso riguardante la figura di San Francesco che nella sua azione apostolica intorno agli anni 1210- 1213, passò ad Alviano per annunciarvi la parola divina. L’idea iniziale fu di padre Luciano Canonici (parroco di Alviano in quel periodo) che non si fece sfuggire la ricorrenza del 750° anniversario della morte di San Francesco nel 1976, e per ricordare l’evento organizzò la costruzione di una cappella che ricordasse il Miracolo delle Rondini. Padre Canonici coinvolse oltre alla popolazione di Alviano, anche il suo amico frate Guglielmo Schiavina, architetto e scultore che dopo aver studiato un po’ l’architettura umbra propose uno schizzo dell’attuale cappella che fu rielaborato insieme a l’ingegnere Claudio Schiaroli, che ebbe cura anche dell’esecuzione del progetto. Il racconto fatto dai biografi primitivi, narra che un giorno mentre Francesco predicava sulla piazza di Alviano, molte rondini garrivano con grande strepito e disturbavano. Il Santo le invitò a tacere e le rondini obbedirono. Si narra inoltre che i presenti colpiti dal miracolo, meravigliati dicevano: “Veramente questo uomo è un santo!”. Alcuni chiesero con insistenza di poterlo seguire, ma non potevano perché legati da impegni di famiglia. Il Poverello disse loro: “Non abbiate fretta! Penserò quello che dobbiate fare per la salute delle vostre anime!”. E pare che di fronte alla massa che voleva seguirlo, questi pensò ad un specifica Regola del Terzo Ordine “per universale salute di tutti”. La costruzione si articola in due corpi abbastanza irregolari leggermente sfalsati sia in altezza che in profondità, adibiti come suggerisce l’aspetto a due funzioni diverse: l’una la più piccola è a cappella vera e propria contenente anche l’altare e illuminate da un’ampia vetrata che richiama l’idea del Miracolo delle Rondini; l’altra semiaperta adibita alla sosta delle persone che possono quindi assistere al rito pur rimanendo a contatto con l’ambiente completamente naturale che circonda la cappella.

Una curiosità: dietro la vetrata principale con l’opera in profilo di metallo con San Francesco e le rondini, sono stati sparati 4-5 colpi con una pistola calibro 9 per dare l’effetto a ragnatela, poiché era il periodo delle stragi e del terrorismo in Italia, padre Guglielmo Schiavina volle aggiungere questo effetto di contrasto con il messaggio di pace francescano. Purtroppo oggi, ad opera di vandali la ragnatela disegnata dai colpi si è estesa e, in più, sono stati colpiti anche gli altri vetri. Le sculture che invece arricchiscono lo spazio esterno sono delle fedeli copie realizzate in vetroresina di opere commissionate a Padre Guglielmo Schiavina e ad oggi esposte in vari paesi del mondo. Ad esempio l’annunciazione a lato della cappella è una copia il cui originale si trova davanti alla basilica a Nazareth.




 
Cappella di San Francesco
immagine Cappella di San Francesco
Clicca per ingrandire
Al primo piano del castello di Alviano si trova la cappella di San Francesco con una serie di affreschi del Seicento, di buona fattura, che possono essere considerati come una sorta di memoria visiva della storia di Alviano. Nella cappella è raffigurato il miracolo di san Francesco e le rondini, avvenuto nel 1212 proprio ad Alviano "...si puose a predicare comandando prima alle rondini che cantavano che tenessero silenzio..." (Fioretti), e il Miracolo delle Oche e il Lupo accaduto nello stesso anno a Lugnano in Teverina. Sembra essere presente anche il volto di Donna Olimpia, la committente di quegli affreschi.





 
Eremo di Sant'Illuminata
immagine Eremo di Sant\'Illuminata
Clicca per ingrandire
Lungo la strada provinciale che collega Alviano a Guardea si trova l'Eremo Camaldolese di Santa Illuminata. Fondato da San Romualdo nel 1007, il convento si sviluppò nel XIII secolo, dopo che sul luogo era già arrivato San Francesco, della cui visita rimane una piccola grotta con un letto in pietra in cui egli era solito riposarsi e ritirarsi in preghiera. Oggi la lastra in travertino è liscissima poiché nei secoli tutti i pellegrini malati giacevano lì aspettando una guarigione, mentre le fonti antiche documentano anche la presenza di una sorgente miracolosa nelle vicinanze, che oggi è nascosta dalla vegetazione. Alcuni Beati, come il Beato Pascuccio della nobile famiglia degli Atti di Todi, vissero a Santa Illuminata e qui sono stati sepolti molti membri delle più importanti e ricche famiglie di Baschi, Alviano e Guardea. Oggi dell'eremo resta solo qualche rovina, ma tutt'intorno è circondato da una ricca e lussureggiante vegetazione che, insieme al rilassante silenzio di cui si gode, lo rende un luogo dove i turisti vanno a cercare pace e serenità spirituale.




 
Monumento ai Caduti di Alviano
immagine Monumento ai Caduti di Alviano
Clicca per ingrandire
All’interno di un recinto quadrato (2×2) si erge una colonna di marmo alla cui sommità è posizionata un’aquila in bronzo. Alla base della colonna è appoggiato un grande libro aperto in marmo bianco. Il monumento ricorda i Caduti di Alviano nel corso sia della prima che della seconda guerra mondiale. Data di collocazione: 09/07/1922

 
Santa Maria Assunta in Cielo
immagine Santa Maria Assunta in Cielo
Clicca per ingrandire
La Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta si trova all’interno del borgo e ne costituisce il principale edificio religioso; non si hanno notizie certe in merito alla sua origine, la prima citazione la troviamo in un documento del 1275 dove si evince l’esistenza di una chiesa di S. Maria di Alviano con un collegio di canonici (quindi una Collegiata). La chiesa viene ampliata e rinnovata in stile rinascimentale agli inizi del ‘500, su probabile disegno di Bartolomeo di Alviano che imposta un edificio basilicale su tre navate. L’edificio è legato alla signoria degli Alviano che finanziarono i lavori di ampliamento ed abbellimento, nel 1516 Pantasilea Baglioni, seconda moglie di Bartolomeo d’Alviano, commissionò il prezioso affresco della Madonna con Santi eseguito da Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone nel secondo altare dalla navata destra dove compare la stessa nobildonna. La facciata è caratterizzata da una superficie intonacata al centro della quale si apre un portale quadrangolare ornato da una mostra in travertino lavorato e sormontato da un timpano spezzato; l’architrave riporta la data 1506 anno in cui furono fatti i lavori di rifacimento dell’edificio a cura di Bartolomeo Attilio Liviani e la dedica dell’edificio a San Pietro e Paolo. In alto si apre un piccolo oculo con cornice lavorata in travertino. La chiesa è affiancata sul lato sinistro da un campanile a torre in muratura a base quadrangolare, in alto è la cella campanaria con apertura unica ad arcata. La pavimentazione interna è costituita da piastrelle di cotto quadrate poste a 45 gradi. Al centro del presbiterio è stato collocato un altare a mensa sorretto da colonnine ed archetti in pietra. Entrando sulla destra, dopo un confessionale si trova una statua della Madonna in trono con angeli e nella parete un affresco entro un ovale datato 1551 con una Madonna con Bambino in trono che porge il rosario ai fedeli raccolti ai suoi piedi. Il presbiterio è rialzato di un gradino e alloggia l’altare maggiore decorato con un Crocefisso nella parete. Scendendo nella parete sinistra un secondo altare con una nicchia contenente la statua di Santa Rita e nella campata successiva una tela con l’Ultima Cena. Segue una nicchia in pietra con una statua di San Francesco e una tela con la Madonna in trono tra San Carlo Borromeo e altro Santo francescano. In controfacciata il Fonte battesimale in pietra e copertura in legno finemente decorato con la statua di San Giovanni Battista nella parte apicale.


News
12 Novembre 2024
Un nuovo ciclo pittorico è stato scoperto all’interno del castello di Bartolomeo di Alviano e Donna Olimpia Pamphilj. A renderlo noto è l’amministrazione comunale facendo riferimento alla scoperta del restauratore Simone Deturres, a cui il Comune ha dato incarico di lavorare agli affreschi, che potrebbe raccontare qualcosa di nuovo del palazzo che fu del capitano di ventura. A seguito di sondaggi terminati a dicembre scorso sono emerse nuove figure che gettano ulteriore luce sulle opere pittoriche contenute nel prezioso edificio di Alviano i cui affreschi da anni sono tra le maggiori attrattive turistiche di chi viene a visitare il castello. “In seguito a dei lavori di manutenzione dell’attuale biblioteca abbiamo visto apparire da un muro delle tracce di quello che ci sembrava un affresco”, riferisce il Sindaco Giovanni Ciardo. “Dato il valore e la forza espressiva degli altri affreschi nelle altre sale del Castello – spiega ancora – abbiamo pensato che fosse giusto andare ad indagare”. Conseguentemente è stato dato l’incarico al restauratore di beni culturali Simone Deturres il quale racconta: “credevo di scoprire poco più di uno stemma sopra ad un camino ed invece c’è un ciclo pittorico, tutto da recuperare. Ho eseguito diciannove sondaggi che hanno confermato la presenza di un esteso apparato pittorico, simile a quello delle altre stanze del Castello”. Deturres parla di “situazione piuttosto grave per effetto di molti fattori concomitanti. Posso assicurare comunque che sotto agli intonaci vi è almeno un 60 per cento di quelli che erano gli affreschi originali che si possono recuperare”. Il restauratore aggiunge: “non possiamo ancora sapere per quali motivi siano stati ricoperti, magari perché danneggiati o perché ritraevano qualcosa di imbarazzante. Solo scoprendo i cartigli e l’intero affresco, come nella altre stanze, capiremo di più”. Il Castello ha attualmente tre sale affrescate: la Sala dell’Unicorno, la Sala della Stella e la Sala della Fenice. In tali affreschi, la cui datazione oscilla tra il 1518-1519 e il 1537, si intrecciano simboli, miti romani, stemmi di famiglia intimamente legati alla figura di Bartolomeo d’Alviano. Nadia Bagnarini, storica dell’arte, che ha curato una recente pubblicazione dal titolo “Il castello di Alviano e il suo apparato iconografico. Il trionfo della dinastia dei Liviani”, afferma: “ad un primo sguardo gli affreschi appena scoperti fanno parte sicuramente di un ciclo molto articolato e necessitano di un restauro immediato che li possa preservare, al fine della tutela, fruizione e valorizzazione. Molto interessante la figura del personaggio barbuto (presumibilmente un Tritone), riemerso in uno dei saggi effettuati, notevole nella pennellata e nella resa anatomica. Ancora più accattivante appare l’immagine raffinata della Nereide alle sue spalle che ne cavalca la coda. Nutro dei dubbi sul fatto che la mano del pittore sia la stessa di quella che realizzò gli affreschi delle altre sale ma non si può escludere nulla, nell’attesa che il restauro sveli il resto”.Al momento i sondaggi sono terminati. La relazione di Deturres richiede un approfondito intervento di restauro per recuperare l’intera superficie dipinta e ipotizza un nuovo passaggio di collegamento delle stanze non ancora esplorato. “Siamo curiosi di scoprire cosa nascondono quegli intonaci – riprende il Sindaco Ciardo – gli affreschi delle altre sale sono il cuore delle visite guidate nel Castello e riscuotono un grande successo”. Il complesso di affreschi del Castello ha anche ispirato un illustratore messicano che ha dato vita ad un percorso pittorico dal nome “Sentiero dell’Unicorno”, presso il borgo di Alviano. “Ora dobbiamo andare in fondo e scoprire quali altre storie si celano dietro a quegli intonaci, sperando che l’umidità, il tempo, la mano dell’uomo, non abbiano fatto troppi danni. Magari potremmo scoprire altre stanze belle come la Sala della stella” ricorda ancora il Sindaco. “Tale sala – aggiunge – richiama la speranza di un padre, Bartolomeo di Alviano, di vedere “rinnovata la sua stella”, la sua storia, la sua grandezza. “Certo, siamo solo all’inizio. C’è bisogno di un consistente impegno, sia di tempo che economico. Ma ora che abbiamo iniziato a vedere così tanta bellezza – conclude Ciardo – proveremo tutte le strade per dare a questo paese una ragione in più per riscoprirsi e farsi scoprire”.